Tra prova e tentazione

Un breve estratto dal mio libro Una storia di fede. Abramo, per riflettere sul valore della prova e della tentazione nel percorso di fede.

Che Dio è quello che mette alla prova?

Perché lo fa? […] Quella che emerge non è forse l’immagine di un Dio dispotico, di un Dio capriccioso, come quello che per vantarsi davanti a Satana lascia che Giobbe sia colpito e messo alla prova (Gb 1,6-12)? Le questioni che si aprono sono molteplici e difficili e mettono in gioco aspetti centrali della fede e della teologia, ancor più che viviamo in un tempo in cui la dimensione della prova e della tentazione rischiano di confondersi o, peggio, rischia di perdersi la consapevolezza della loro ricchezza e necessità per un autentico cammino di fede e di vita.

La prova, nella visione biblica, è un elemento indispensabile del rapporto di fede. Non si tratta semplicemente dell’atteggiamento di un Dio che ha bisogno di verificare la fedeltà dei suoi fedeli: è ovvio che Dio non abbia bisogno di mettere alla prova per conoscere il cuore dell’uomo, semmai è il cuore dell’uomo che mostra e conosce la verità del suo essere nel momento della scelta. Solo quando è richiesta una scelta, l’uomo è destinato ad orientarsi e a decidersi. Mettere alla prova è richiedere una scelta che nulla aggiunge alla conoscenza che Dio ha dell’uomo, ma che offre all’uomo la possibilità di decidersi e di scegliere, di conoscersi e di chiarirsi. Solo quando, in maniera chiara e storica, precisa e concreta, l’uomo sceglie e decide rende vero ciò che sente e pensa. L’adesione autentica è sempre quella della vita e la vita si costruisce nel tempo con le scelte e le decisioni. Mettere alla prova è quindi provocare e richiedere una scelta, una presa di posizione che è di tutto il proprio essere perché la prova mette sempre in gioco la vita e l’identità.

Per questo la prova è, però, anche l’altra faccia della tentazione. Vista dalla parte di Dio la prova è il momento concreto in cui la fede manifesta i suoi effetti nelle scelte dell’uomo. La fede non è tale se non attraverso la prova: che è insieme verifica di questa e momento del suo inverarsi e del suo accrescersi. È nella prova che la fede diventa vera e si manifesta e, vedendo e riconoscendo Dio nella prova, la fede ne esce arricchita e cresciuta. Sono numerose le storie dei singoli personaggi biblici e dell’intero popolo d’Israele nelle quali proprio la prova è l’elemento centrale e determinante, basti per tutti il ricordo delle “prove” che il popolo deve affrontare nel deserto: prove che educano, guidano e plasmano il popolo che Dio si è scelto. È attraverso quelle prove che Israele cessa di essere un popolo tra gli altri per essere il popolo che confida in Dio, che si affida al Dio che lo ha scelto.

Una storia di fede. Abramo
Una storia di fede. Abramo

Ogni prova, però, rischia di diventare una tentazione poiché è lasciata all’uomo la possibilità di staccarsi dalla Parola di vita per operare scelte contrarie. Nella prova si può anche cadere, c’è il rischio di non superarla, di non reggerla, di non riconoscerla come il luogo in cui incontrare una Parola che salva e redime. D’altronde, se la tentazione è l’azione seducente dello spirito del mondo che spinge e provoca al male facendolo apparire bello e desiderabile (come nel giardino dell’Eden), appare ovvio che anche una prova, vista dalla parte dello spirito del male, è il luogo e il momento nel quale si può rinunciare alla fiducia nel Dio della vita che, proprio nella prova, offre la sua Parola e il suo sostegno.

Prova e tentazione possono diventare allora due facce della stessa realtà: prova per la quale la fede si invera e matura, tentazione per la quale la fede può cadere e risultare menzognera. Gesù stesso supera nel deserto le tentazioni di Satana (Mt 4,11 e parr.) che, proprio perché superate e vinte, diventano per lui una prova della fedeltà a Dio e alla sua missione. Nell’orto del Getsemani Gesù sperimenta il momento della prova che diventa tentazione, tentazione di allontanare da sé il calice, di allontanarsi dalla volontà di Dio, ma egli non cede alla tentazione e supera la prova con la preghiera di affidamento alla volontà di Dio (Mt 26,36-49 e parr.).

Dio quindi non tenta al male (cf. Gc 1,3), ma prova al bene. Satana, invece, non prova al bene, ma tenta al male. Eppure prova e tentazione, sebbene abbiano diversa origine, per il dono della libertà e per la provvidente azione di Dio, possono ciascuna trasformarsi nell’altra: la prova, per il dono della libertà, può diventare tentazione; la tentazione, per la provvidente azione di Dio, può diventare prova.

Dunque non è la tentazione in sé ad essere una prova: Satana può spingere alla tentazione e ciascuno può creare la propria tentazione, ma anche in questi casi la tentazione diventa prova nella misura in cui non si cede ad essa ma la si supera, come Gesù nel deserto, facendo diventare la vittoria sul male una prova di fedeltà al Dio della vita e, insieme, la prova di fedeltà del Dio della vita che mai abbandona l’uomo nella tentazione. È quindi opportuno chiarire che, nella visione biblica, la tentazione è consentita da Dio perché essa diventi una prova che renda autentica la fede e la fiducia del credente.

M. Manco, Abramo. Una storia di fede, Tau editrice, pp. 227-230

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