Attratti dall’amore ed essere pane

Vedere Gesù è ancora possibile finché ci saranno uomini e donne che, seguendolo sulla via dell’amore, sapranno essere lì dove egli è. Ed è questa la gloria che il Padre e il Figlio si donano: produrre molto frutto. Gesù, come il chicco di grano, muore da Figlio per dare figli al Padre, per moltiplicare l’amore e far risplendere il giudizio su questo mondo in cui il male sembra avere la meglio. E inizia così l’attrazione di tutti. Il Crocifisso diventa il centro di una storia nuova, in cui tutti, figli e fratelli, sanno amare donando la vita e produrre grano buono e abbondante. E ci sarà pane e la terra sarà casa. Sarà famiglia.
Le acque del diluvio diventano quelle del Battesimo, la polvere del deserto diventa l’aridità e la prova che ogni credente è chiamato ad affrontare, perché fare Quaresima è riscoprire che la vita risorge possibile perché Gesù ha attraversato per noi i confini del male e della morte. Ed è da questa sua scelta che sorge per noi il nuovo arcobaleno di grazia, che unisce la terra al cielo, che riannoda legami spezzati. Non più un arco di guerra appeso alle nubi, ma uno strumento di morte, la croce, che, ancorato alla terra, ci proietta e ci innalza oltre le nostre morti, per farci sentire l’annuncio insperato e inatteso: al vangelo possiamo credere. E non c’è notizia più lieta.

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Diventerete come Dio

Nel cuore della Quaresima, uno squarcio di luce e letizia irrompe a sostenere il cammino. Risuona l’invito a rallegrarsi perché è l’amore a nutrire la gioia, a renderla autentica e duratura. 

Il lutto non è per sempre, la condanna è solo un passaggio, il sepolcro è solo una strada. A vincere su tutto e su tutti è solo il grande amore del Padre che, nel Figlio innalzato sulla croce, ci mostra il suo vero volto. Il nostro è un Dio d’amore che vince l’insidia e la tentazione di immaginarlo come un despota, nemico della gioia dell’uomo. È Cristo la luce e la verità e a noi è chiesto soltanto di venire a lui e in lui camminare per scoprire che siamo già redenti e risorti.Ed è su queste alture che dobbiamo sostare se vogliamo vedere la vita trasfigurata e cogliere, nella notte e nel buio, i primi barlumi di una luce risorta.
Le acque del diluvio diventano quelle del Battesimo, la polvere del deserto diventa l’aridità e la prova che ogni credente è chiamato ad affrontare, perché fare Quaresima è riscoprire che la vita risorge possibile perché Gesù ha attraversato per noi i confini del male e della morte. Ed è da questa sua scelta che sorge per noi il nuovo arcobaleno di grazia, che unisce la terra al cielo, che riannoda legami spezzati. Non più un arco di guerra appeso alle nubi, ma uno strumento di morte, la croce, che, ancorato alla terra, ci proietta e ci innalza oltre le nostre morti, per farci sentire l’annuncio insperato e inatteso: al vangelo possiamo credere. E non c’è notizia più lieta.

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Un Segno oltre i segni

Nel cammino di fede c’è sempre il rischio di fermarsi ai segni, utili e validi solo se segnalano altro, se spingono più avanti lo sguardo, se ci fanno giungere all’unico segno che non viene meno: il Cristo crocifisso. È il segno che dice ogni altra cosa, perché narra e mostra la potenza di Dio, la sapienza che viene da lui. Il Tempio e la Legge sono segni che rimandano altrove, segnali che richiamano e additano la realtà più grande di loro. A noi, sempre alla ricerca di segni che dicano forza e potenza, saggezza e buon senso, si staglia davanti la debolezza di Dio. Guardando alla croce, scopriamo il modo in cui Dio si rende presente, forza che libera e sana, amore gratuito e donante. 
Ed è su queste alture che dobbiamo sostare se vogliamo vedere la vita trasfigurata e cogliere, nella notte e nel buio, i primi barlumi di una luce risorta.
Le acque del diluvio diventano quelle del Battesimo, la polvere del deserto diventa l’aridità e la prova che ogni credente è chiamato ad affrontare, perché fare Quaresima è riscoprire che la vita risorge possibile perché Gesù ha attraversato per noi i confini del male e della morte. Ed è da questa sua scelta che sorge per noi il nuovo arcobaleno di grazia, che unisce la terra al cielo, che riannoda legami spezzati. Non più un arco di guerra appeso alle nubi, ma uno strumento di morte, la croce, che, ancorato alla terra, ci proietta e ci innalza oltre le nostre morti, per farci sentire l’annuncio insperato e inatteso: al vangelo possiamo credere. E non c’è notizia più lieta.

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Salire sui monti

La seconda domenica di Quaresima ci spinge a salire su tre monti diversi, tre luoghi alti che rifanno la storia. Dal deserto dell’inizio ai monti del compimento, perché già ora ci è dato di vivere ad altezze che non speravamo. Il Mòria, il Tabor e il Calvario, tre alture in cui si concentra il mistero, si dice l’amore, si compie la fede e Dio si dona.

Ed è su queste alture che dobbiamo sostare se vogliamo vedere la vita trasfigurata e cogliere, nella notte e nel buio, i primi barlumi di una luce risorta.
Le acque del diluvio diventano quelle del Battesimo, la polvere del deserto diventa l’aridità e la prova che ogni credente è chiamato ad affrontare, perché fare Quaresima è riscoprire che la vita risorge possibile perché Gesù ha attraversato per noi i confini del male e della morte. Ed è da questa sua scelta che sorge per noi il nuovo arcobaleno di grazia, che unisce la terra al cielo, che riannoda legami spezzati. Non più un arco di guerra appeso alle nubi, ma uno strumento di morte, la croce, che, ancorato alla terra, ci proietta e ci innalza oltre le nostre morti, per farci sentire l’annuncio insperato e inatteso: al vangelo possiamo credere. E non c’è notizia più lieta.

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Tra l’acqua e il deserto

Il tempo di Quaresima si apre sospeso tra l’acqua e il deserto. Accostamento insolito. Non si può vivere nel deserto e non si può vivere nell’acqua, eppure sono entrambi passaggi impossibili ma necessari. La quaresima è la strada che ci fa attraversare questi due luoghi, è spiraglio che ci fa passare oltre i confini del male e della morte.

Le acque del diluvio diventano quelle del Battesimo, la polvere del deserto diventa l’aridità e la prova che ogni credente è chiamato ad affrontare, perché fare Quaresima è riscoprire che la vita risorge possibile perché Gesù ha attraversato per noi i confini del male e della morte. Ed è da questa sua scelta che sorge per noi il nuovo arcobaleno di grazia, che unisce la terra al cielo, che riannoda legami spezzati. Non più un arco di guerra appeso alle nubi, ma uno strumento di morte, la croce, che, ancorato alla terra, ci proietta e ci innalza oltre le nostre morti, per farci sentire l’annuncio insperato e inatteso: al vangelo possiamo credere. E non c’è notizia più lieta.

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Una tomba che profuma d’amore

Il Vangelo è la storia di un’amicizia. Una storia che conosce il pianto, il dolore, la paura, la morte. È la storia di ognuno quando comprende di essere amato, quando vede, tra le tante lacrime che la vita gli dona, anche quelle dell’Amico che sembrava lontano, quasi distratto e indifferente al dolore che accompagna ogni morte. “Colui che tu ami” è malato, dicono a Gesù. E non c’è migliore definizione dell’amico e dell’uomo. Ognuno ha impresso per sempre questo nome davanti a Dio. Ognuno è colui che egli ama. E prima di ogni altra cosa siamo questo per lui: coloro che egli ama. E gli amati si ammalano, provano dolore, attraversano il confine ostile della morte. E non una volta soltanto. La vita è costellata di morti: delusioni, fallimenti, cadute, perdite, insoddisfazioni. Perdiamo sempre qualcosa di noi, fino a perdere tutto noi stessi.

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In cerca di luce

Siamo tutti un po’ ciechi. Brancoliamo nel buio, alla ricerca di un senso, di una bellezza che ci sembra perduta, di una luce che ci sembra negata. È fatta di tenebre la nostra esistenza, di insicurezze e incomprensioni. Ed è nelle tenebre che si fa il male, perché sia nascosto e non sia visto. Siamo in cerca a tentoni, mendicanti di visioni e di vedute, persi nelle nostre cose che non ci fanno vedere bene, non ci fanno vedere lontano.
In questo cammino quaresimale, dopo il deserto serve l’acqua e anche il cibo. Serve una sorgente che non deluda, serve una fonte che non sia a secco. 
Di amori è costellata la vita e, proprio per questo, è costellata anche di delusioni. Perché amare è, spesso, ricerca disperata, ansia che è messa alla prova, attesa che resta delusa. Non bastano gli amori a riempire d’amore, non bastano le passioni a dissetare la sete. 
L’amore fa disperare, perché è agli amori che, spesso, si chiede ciò che da soli non sanno dare. Siamo ciechi quando pensiamo di tenere tutto, persino Dio, sotto controllo. Siamo ciechi e lo restiamo, quando ci illudiamo di vedere bene, di bastare a noi stessi e restiamo chiusi nel nostro buio.

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Sete e fame, sintomi della vita

La vita è questione di acqua e di cibo. La sete e la fame, infatti, sono i sintomi chiari della vita. Solo chi è vivo e vuole restare in vita ha sete e fame. Attorno all’acqua e al cibo, segni di vita e di pienezza, si condensa un dramma intero. Tutta la Scrittura è abitata dal cibo e dall’acqua, dalla fame e dalla sete. 

In questo cammino quaresimale, dopo il deserto serve l’acqua e anche il cibo. Serve una sorgente che non deluda, serve una fonte che non sia a secco. 
Di amori è costellata la vita e, proprio per questo, è costellata anche di delusioni. Perché amare è, spesso, ricerca disperata, ansia che è messa alla prova, attesa che resta delusa. Non bastano gli amori a riempire d’amore, non bastano le passioni a dissetare la sete. 
L’amore fa disperare, perché è agli amori che, spesso, si chiede ciò che da soli non sanno dare.

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Trasfigurare la storia

Gesù sale sul monte portando con sé tre discepoli. Li porta in disparte, su un alto monte. C’è bisogno di staccarsi dagli altri, di vedere bene e a fondo e per farlo serve salire in alto. È un monte che si eleva al di sopra dei nostri orizzonti, più alto delle nostre mete. È monte che avvicina al cielo e, per questo, fa vedere meglio la terra. Ci sono momenti in cui abbiamo bisogno di quest’altezza, di questa salita che, mentre sembra farci lasciare il mondo alle spalle, in realtà è solo il modo per vederlo meglio, per penetrare al fondo di tutto, anche del buio più fitto.

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Liberare Dio dalle false immagini

La prima tappa della Quaresima ci propone, come ogni anno, la scena delle tentazioni. È una prima sosta che mette le cose in chiaro. Vivere è affrontare una prova, perché la fede ci inchioda alla storia, ci provoca nelle scelte, ci rimanda a ciò che viviamo. La fede si dice con tutta la vita, della quale bisogna imparare ad affrontarne le prove e le tentazioni. Non credo a chi si bea di un Dio che ha già dentro, di un Dio che non scomoda e “non fa problemi”. Non mi fido di chi racchiude la fede in una pace che sa di narcotico, di chi, sentendosi figlio, pensa di essere già dentro casa. Non credo a chi ha paura di sporcare Dio con le parole che dicono prova e tentazione. E so che non si sporca l’uomo se riconosco che vivere è la tentazione più grande, che credere è la prova più difficile.

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