Salire sui monti
La seconda domenica di Quaresima ci spinge a salire su tre monti diversi, tre luoghi alti che rifanno la storia. Dal deserto dell’inizio ai monti del compimento, perché già ora ci è dato di vivere ad altezze che non speravamo. Il Mòria, il Tabor e il Calvario, tre alture in cui si concentra il mistero, si dice l’amore, si compie la fede e Dio si dona.
Ed è su queste alture che dobbiamo sostare se vogliamo vedere la vita trasfigurata e cogliere, nella notte e nel buio, i primi barlumi di una luce risorta.
Le acque del diluvio diventano quelle del Battesimo, la polvere del deserto diventa l’aridità e la prova che ogni credente è chiamato ad affrontare, perché fare Quaresima è riscoprire che la vita risorge possibile perché Gesù ha attraversato per noi i confini del male e della morte. Ed è da questa sua scelta che sorge per noi il nuovo arcobaleno di grazia, che unisce la terra al cielo, che riannoda legami spezzati. Non più un arco di guerra appeso alle nubi, ma uno strumento di morte, la croce, che, ancorato alla terra, ci proietta e ci innalza oltre le nostre morti, per farci sentire l’annuncio insperato e inatteso: al vangelo possiamo credere. E non c’è notizia più lieta.