Liberare Dio dalle false immagini

La prima tappa della Quaresima ci propone, come ogni anno, la scena delle tentazioni. È una prima sosta che mette le cose in chiaro. Vivere è affrontare una prova, perché la fede ci inchioda alla storia, ci provoca nelle scelte, ci rimanda a ciò che viviamo. La fede si dice con tutta la vita, della quale bisogna imparare ad affrontarne le prove e le tentazioni. Non credo a chi si bea di un Dio che ha già dentro, di un Dio che non scomoda e “non fa problemi”. Non mi fido di chi racchiude la fede in una pace che sa di narcotico, di chi, sentendosi figlio, pensa di essere già dentro casa. Non credo a chi ha paura di sporcare Dio con le parole che dicono prova e tentazione. E so che non si sporca l’uomo se riconosco che vivere è la tentazione più grande, che credere è la prova più difficile.

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Entrare nella nube

La seconda tappa del cammino quaresimale fa sosta, dopo il deserto, sul monte. È l’approdo di uno sforzo, una salita che chiede di lasciarsi dietro le cose che sanno di terra. Anzi, salendo in alto bisogna portare solo la propria terra, quella di cui è impastata la vita. È sul monte che si ha una prospettiva più ampia, che supera steccati e confini. Il monte avvicina a Dio e permette di toccare ed entrare in cielo tenendo i piedi affondati sul nudo terreno. 

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Tra prova e tentazione

Che Dio è quello che mette alla prova? Perché lo fa? […] Quella che emerge non è forse l’immagine di un Dio dispotico, di un Dio capriccioso, come quello che per vantarsi davanti a Satana lascia che Giobbe sia colpito e messo alla prova (Gb 1,6-12)? Le questioni che si aprono sono molteplici e difficili e mettono in gioco aspetti centrali della fede e della teologia, ancor più che viviamo in un tempo in cui la dimensione della prova e della tentazione rischiano di confondersi o, peggio, rischia di perdersi la consapevolezza della loro ricchezza e necessità per un autentico cammino di fede e di vita.

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