Amare è vedere Dio

VI domenica di Pasqua A (At 8,5-8.14-17; 1Pt 3,15-18; Gv 14,15-21)

Questo non è il tempo dell’assenza. Il Risorto è vivo e noi lo vediamo perché amare è vedere Dio. È il tempo della testimonianza pasquale, in cui dare ragione, amando, della speranza che è in noi. Amare è da Dio, per questo il Figlio ha promesso a noi il Paràclito, perché ci resti accanto per sostenere il cammino, per renderci capaci di vivere fedeli alla speranza che ci è stata donata, fedeli all’amore che è Dio.

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.

Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui
(Gv 14,15-21)

Nel discorso dell’ultima cena, Gesù promette di donare un altro Paràclito, un altro, cioè, che ci resti vicino, che ci difenda e ci consoli, che ci sostenga lungo il cammino. È un altro, perché lui non si è assentato, non è andato via. 

Il mondo non può vedere e conoscere lo Spirito. Il mondo è la realtà umana che non crede all’amore, che non spera e non sa vedere che, nelle tenebre di questa storia, Dio continua a donarci la luce, continua a donare se stesso. Il mondo è la logica umana, i criteri banali che regolano le nostre vite. 

Lo Spirito, invece, ci rende partecipi di una Verità altra, ci rende partecipi della vita del Cristo. È lo Spirito che ci conduce alla piena comprensione del mistero del Figlio e alla comunione con lui. Ci dona l’amore che rinnova l’esistenza.

Vivere la Pasqua è amare Gesù e osservare i suoi comandamenti, cioè fare le sue stesse scelte. Amare Gesù, infatti, non è sentimento e affetto, è vivere un amore crocifiggente, perché il bene e l’amore hanno un costo. È per questo che egli si manifesta, per sostenerci nel cammino difficile della Pasqua feriale e ordinaria.

Colui che ama Gesù è immesso in un circuito di vita e d’amore, entra a pieno diritto nel mistero della Trinità. Lo Spirito, infatti, è dono d’amore che rende vivo, per noi e nel tempo, ciò che Gesù ci ha mostrato e donato. Ci rende possibile la sua stessa vita, ci rende simili a lui, ci rende suo segno e presenza, ci dà la sua stessa forma. 

Lo Spirito è presso di noi e rimane in noi come testimonianza certa e fedele, come garanzia di un amore che non ha limiti. È lo Spirito a sostenere i nostri amori, a farci credere nonostante tutto, ad accompagnarci, in questo mondo, per far vedere che l’Amore è vero e non tradisce, che la croce è la via del trionfo, che il perdono è la sconfitta della vendetta, che il servizio è testimonianza regale.

Davanti a coloro che non comprendono, ostacolano, denigrano e rifiutano la verità, manifestata dal Cristo nel suo dono d’amore, lo Spirito ci rende certi che non ci sbagliamo, che l’amore non si sbaglia mai. 

È nelle circostanze di ogni giorno che lo Spirito ci mostra che Gesù viene a noi. Non siamo rimasti orfani. Non siamo soli in questo tempo, non siamo abbandonati a noi stessi e alle logiche di questo mondo. 

Colui che il mondo non vede, noi possiamo vederlo perché lui è vivo e noi viviamo perché l’amore è il segreto che custodisce la vita.

Vedere Gesù è scoprire, nel fondo di ogni vicenda, una storia d’amore che resta vincente, una speranza che non rimane delusa. Vedere Gesù è sentire che lo Spirito ci plasma e ci rende credibili perché credibile è l’amore con cui egli ha donato se stesso. 

Noi lo vediamo ogni volta che amiamo, perché egli è l’amore che vive nelle nostre scelte, che si manifesta nei nostri amori. Amare è già vederlo perché egli è l’amore.

Il mondo non può vederlo. Non si tratta di una condanna o di un’esclusione. Il mondo non può vederlo perché per vedere lui bisogna imparare a credere all’amore, occorre iniziare ad amare. Solo l’amore è garanzia di vita perché non c’è altra forza più forte della morte.

Per amare, però, non bastano gli sforzi umani, non reggono le nostre intenzioni. Occorre lasciarsi guidare dallo Spirito che ci conduce nella Verità, che è la vita del Cristo, dono che ci manifesta che Dio si è fatto nostro e vicino. 

Egli verrà da noi ogni volta che impariamo a riconoscere i segni dell’amore che è vivo oltre ogni sconfitta, che vince dentro ogni perdita, che è vero dentro ogni menzogna. Vivere della risurrezione significa vedere il Cristo e vivere di lui. 

E noi possiamo sapere, già da ora, che la nostra vita è introdotta nella vita di Dio, è vita divina. Gesù è in noi, noi in lui ed egli nel Padre. La vita è comunione d’amore, è vita trinitaria. Vivere di questa comunione è vivere d’amore e per amore, è diventare amore.

Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”. Ci ama e si manifesta a noi, si mostra perché il nostro sguardo, rivolto a lui, trasformi da dentro la nostra storia e noi diventiamo un po’ più simili a lui. Chi lo ama sa amare come egli ci ha amato e sarà l’amore a renderlo manifesto, a rendere possibile, per noi e per tutti, un dono che non si esaurisce, una presenza che non viene meno.

È lo Spirito a condurci al Figlio perché, uniti sempre più a lui e alla sua vita, al suo stile e al suo dono, possiamo con lui sentire l’amore del Padre e vivere in quella speranza che non ha ragioni umane, ma è fondata soltanto sulla certezza che siamo amati.

Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi.
Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo.
Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito
(1Pt 3,15-18)

È lo Spirito a rinnovare il nostro cuore, rendendolo “luogo” della presenza di Cristo. Egli non è lontano, ma vive in noi per farci vivere la sua stessa vita. È per questo che possiamo dare ragione della speranza che è in noi. È la speranza dell’amore, che non cede alla menzogna e al male, alla cattiveria e allo scoraggiamento. È la vita vissuta nell’amore a dare ragione di ciò che speriamo. Dolcezza, rispetto, retta coscienza sono i segni sinceri che mostrano agli altri la nostra fede nel Cristo che è morto per i peccati, lui, l’unico giusto, che ha sofferto per tutti gli ingiusti. L’amore è crocifiggente, perché è dono gratuito e insperato, è grazia che non si merita, è libertà che viene donata. Noi siamo stati ricondotti a Dio per un atto di amore gratuito. Ed è questa gratuità d’amore, vissuta nella nostra vita, che rende credibile la nostra speranza. 

A noi è chiesto di vivere la Pasqua del Figlio, di entrare in quella Verità che è l’Amore. “Dio nessuno lo ha mai visto”, il Figlio lo ha raccontato e mostrato e anche noi possiamo raccontare e mostrare il Padre lasciando che il Figlio ci renda simili a lui, ci renda amore rendendoci vivi. 

Liturgia della Parola

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