Moltiplicare la vita

Celebrare la festa del Corpo e Sangue di Cristo è fermarsi ancora nel cuore della Pasqua per lasciare che l’evento che ha segnato la storia tocchi e risani il tempo ordinario del vivere. Il pane e il vino, segni di vita e di lavoro, di ciò che serve ed essenziale, segni di festa e di condivisione, di amore e di gioia, diventano, nell’Ultima Cena, il segno grande di un amore supremo, di un amore totale, di un amore divino che si spezza e si spende nelle nostre storie umane.

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Anche la Chiesa è sotto una ginestra

I Giudei mormoravano, pensavano di conoscere Gesù e la sua storia. Sapevano già tutto di lui. Rinchiusi nei loro saperi, protetti da idee e convinzioni, non vedevano che il divino si è fatto storia, che la loro storia è resa divina, che c’è un cielo che nutre la terra e c’è una terra che accoglie in sé il cielo. E Gesù resta lo scandalo, perché egli è il pane disceso dal cielo e allora ogni terra è richiamo di cielo e il cielo invito a guardare la terra. E non c’è posto per una scelta o un’opzione. A noi spetta vedere e tenere insieme il cielo e la terra, il divino e l’umano, l’eterno e il tempo, la Parola e la carne. E noi siamo casa in cui la terra e il cielo danzano insieme.

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Cercare Dio per trovare la fame

Non basta cercare Dio se non trovi la fame che dentro ti porti. E di fame in fame, di bisogno in bisogno, scopri che Dio non serve a nulla, non serve per mangiare e restare sazio, non serve per avere successo e vita più facile, non serve nemmeno per vivere senza soffrire e morire. Cercare Dio è trovare l’abisso che abbiamo dentro, il grido che si ferma alla gola, l’arsura che secca la vita, la fame che rende stanco il cammino.

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La vita è un rischio da correre

Per seguire Gesù bisogna muoversi all’altra riva, bisogna uscire e vivere l’esodo, mettersi in viaggio e restare scoperti perché sia scoperta la fame e il bisogno. Gesù, che visita città e percorre le strade consuete, è colui che sceglie anche di attraversare il mare e salire sul monte. Gesù li attrae lì, quasi in un’imboscata, perché lì, lontano da ciò che soddisfa i loro bisogni, lontano da ogni certezza, lontano da ogni rassicurante rimedio, la folla impari ad esporsi nuda, a mostrare il suo bisogno di vita, a far vedere la sua fame non ancora appagata. Provoca l’esodo che espone al deserto e alla fame, che rende nudo il bisogno e il cuore.

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