La Pasqua si fa feriale

L’Ascensione di Gesù al “cielo” ci mette alla prova. Sarebbe facile incontrare il Risorto che cammina nelle nostre strade, ma non è questo che ci è stato donato. Sarebbe bello tenere lo sguardo orientato al cielo, restare lì, in attesa che qualcosa avvenga, ma non è al cielo che dobbiamo guardare. Il nostro sguardo è incastrato in questa terra, è orientato a questo mondo, è fissato su questa storia. 

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Vivere Dio nella sua assenza

L’Ascensione del Risorto al cielo è l’apertura definitiva della nostra storia, lo sfondamento di questa realtà. Il mondo non è più chiuso in se stesso, costretto a ripetere le stesse cose, a ripercorrere gli stessi percorsi. Con l’ascensione la storia ha un senso perché quella salita al “cielo” è segno e rimando ad un oltre a cui il tempo è orientato, ad un oltre a cui il mondo è chiamato. E avviene ancora quel mirabile scambio. Se a noi resta il compito di rendere il Cristo vivo e presente in questo mondo, il Cristo risorto ci rende presenti e già immersi nella realtà divina. Il Cristo e noi, suoi testimoni, siamo da allora impegnati a unire ciò che era diviso, ad avvicinare ciò che era distante, a ritrovare ciò che era perduto: perché Dio sia visto e riconosciuto persino nella sua assenza. L’Ascensione, infatti, fa ricadere su ogni credente il compito e la responsabilità di rendere viva la presenza divina, di rendere Dio presente nel mondo.

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