Dio viene a liberare la vita

XIX Domenica Tempo Ordinario C (Sap 18,6-9; Eb 11,1-2.8-19; Lc 12,32-48)

È forte la tentazione di accomodarsi, di gestire le cose come fossero eterne, di vivere il tempo come fosse nostro. Rischiamo di abitare la storia come nostra definitiva dimora, fissando nel tempo le nostre ricchezze, affidando noi stessi a tutte le cose. E, invece, il tempo è sempre un notturno, è sempre assenza di ciò che conta, veglia e attesa di ciò che viene, ricerca e impazienza che arrivi la luce.

Ed è per questo che vivere è restare desti e in ricerca, pronti a vivere un’uscita nuova, un esodo vero da ogni ricchezza, da ogni dominio che stringe il cuore, da ogni potere che sevizia la vita. 

Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno (Lc 12,32)

Non temere, piccolo gregge, di restare povero, non temere di essere piccolo, non temere le notti di attesa, di lavoro che sembra inutile, di ricerca che non sembra finire. Non temere perché Dio è alle porte, è vicino ed è pronto a bussare e sarà lui a cingersi i fianchi per farsi servo e fedele amico. 

Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore (Lc 12, 34)

Non trascinare il tuo cuore altrove, non abbandonarlo al primo offerente, non svenderlo al primo bene, non affidarlo al tuo potere, non confinarlo tra le altre cose. Prendi il tuo cuore e tiralo fuori dagli scrigni di questo mondo, liberalo sempre dai loro lucchetti, non rinchiuderlo tra poche cose. Il cuore sia dov’è il tuo tesoro e, perché entrambi siano custoditi, impara a credere a quel Dio Servo per il quale sei tu il suo tesoro. E allora il tuo cuore sarà con il suo e il tuo tesoro sarà custodito in eterno.

Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese (Lc 12, 35)

Siate pronti, pronti a servire e a restare svegli, ad attendere Dio che scardina il tempo perché scardina i nostri scrigni che racchiudono il niente e svela al cuore che non c’è tesoro se non quello che in Dio è posto al sicuro. 

Le vesti cinte per essere svelti, per essere pronti a camminare, a restare servi e a restare in piedi. E poi le lampade per vedere nel buio, per rischiarare le notti dell’assenza, per fare luce sul cammino, per distinguere ogni cosa e il suo valore. È la luce della Parola, flebile fiamma che mostra la strada, tremolo lampo che dissipa il buio. Essere pronti per nuovi esodi, per cammini che sono notturni, perché questa notte in cui viviamo, quest’oblio di ogni fede e senso, questo spazio che sembra spento, questo tempo che appare concluso chiede il coraggio di essere pronti, di restare svegli e con l’orecchio teso.

È facile mettersi comodi, tirare giù la propria veste, lasciare che il resto affievolisca la fiamma, lasciare che la stanchezza e il peso rendano la vita un po’ meno pronta. È facile cadere nel sonno che confonde Dio con le nostre idee, che confonde i beni con il tesoro, che afferra le cose ignorando i fratelli.

Ma egli viene, nelle nostre notti, per farci uscire, per portarci fuori dai nostri schemi, per liberarci dalle nostre logiche. Egli viene per compiere l’esodo, per farci vedere che è schiavitù fare tesoro delle cose del mondo, puntare la vita su ciò che invecchia, sperare tutto su ciò che marcisce, conservare beni che ogni ladro ruba. 

Siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito (Lc 12, 36)

E Dio è alla porta delle nostre notti, è lì che chiede che gli sia aperto, che gli sia possibile di nuovo l’accesso. Ed è nelle notti in cui ci perdiamo, un cui rischiamo di assopirci e rassegnarci, di spegnerci e di abbracciare il nostro essere schiavi di tutto, è in quelle notti in cui siamo scomodi che Dio viene a bussare alla porta. 

Perché, alla fine, è Dio stesso che ci viene incontro, per essere luce delle nostre notti, per porre fine alle nostre attese e farsi servo della nostra gioia. 

È un Dio appassionato che viene di notte, quando nessuno può vederne le orme, quando nessuno può studiarne le tracce. Viene di notte o prima dell’alba perché sa che la notte è dura a finire e sa che di notte siamo più persi. 

Viene di notte perché è di notte che si conta il tempo, che resta fisso e non sembra finire. Viene di notte perché vengono meno le nostre certezze, viene di notte quando il cuore è inquieto e attende e non si accontenta di sogni beati, di illusioni che non reggono all’urto del duro risveglio.

Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! (Lc 12, 37-38)

Sono beati quei servi che il padrone troverà svegli, troverà pronti a balzare in piedi, perché saranno servi che non si sono adattati, non hanno abbracciato gli scrigni del mondo, non hanno scelto i loro poteri, non hanno voluto i loro piaceri.

Beati loro, perché sarà Dio a farsi servo, perché egli è un Padre che dona il suo regno, che libera il cuore da ogni prigione, da ogni legame che consuma e corrompe. 

E io credo in questo Dio assurdo, che ci fa mettere a tavola e stare comodi, perché alla fine ciò che più conta non è il peso del nostro servizio, non è l’ansia per le nostre mancanze, non è il timore di restare poveri, di non aver nulla da stringere e da afferrare. Tutto questo, il nostro vendere e donare, il condividere, il servire, il restare vigili e in attesa, tutto questo è solo preludio per gustare il momento in cui Dio stesso, lui che è il Signore, passa a servirci, passa a rendere viva la vita, passa a riempire i cuori di gioia, passa a farci gustare la bellezza di quel tesoro che il cuore cerca e insegue da sempre.

A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più (Lc 12, 48b)

E c’è poco da farsi vanto. Viene per tutti e per ognuno. E se a te molto ha affidato, perché ti ha donato la sua parola, ti ha fatto vedere la sua presenza, ti ha reso partecipe della sua vita, sappi che a te sarà richiesto tanto, perché tu hai un compito e una responsabilità. Tu sei responsabile di chi ti è accanto, di chi ti ha affidato perché tu lo serva. E nell’assenza del tuo Signore tu sei lui per il tuo fratello, perché questo egli ti ha dato, ti ha dato il potere di essere lui, di essere lui nei confronti degli altri, di donare lui e la sua parola, di vivere i suoi gesti, di donare la sua vita, di diventare il suo volto e la sua presenza. 

E se, poiché tu non lo vedi e ti sembra che tardi a venire, pensi di poterlo sostituire, di far tu da padrone nella vita degli altri, di poter decidere come tu fossi Dio, di poter vivere come se tutto fosse tuo, ebbene allora egli verrà a chiedere a te conto di tutto. Perché è il suo volto che tu hai deformato, è la sua vita che tu hai deriso, è la sua storia che tu hai falsato.

La notte della liberazione fu preannunciata ai nostri padri, perché avessero coraggio (Sap 18,6)

La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede (Eb 11,1)

E tutto questo solo per fede, perché è la fede che ci dona il coraggio. È la fede il fondamento di ciò che si spera e l’unica prova di ciò che non vediamo. Ed è questa la fede che regge la storia, che custodisce il vero tesoro, che pone il cuore lì dove è la vita, dove la morte non ha più potere.

Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo (Lc 12,40)

Bisogna quindi tenersi pronti! Pronti ad attraversare la notte, ad oltrepassare la morte, a superare ogni schiavitù, ogni fiducia riposta nel mondo, in ciò che invecchia e si consuma, in ciò che passa e viene rubato. Pronti perché è sempre il tempo di nuovi arrivi, di nuove attese che colmano il cuore. 

Dio viene e tu non lo sai, non sai quando e non sai da dove. Viene per darti una gioia più grande, per essere servo della tua libertà, per renderti figlio nel suo regno di pace. 

Ma in questo tempo impara ad attenderlo, fai attenzione al suo passaggio, presta orecchio al suo silenzio, resta fedele nella sua assenza. Tieniti pronto e non accomodarti, non sentirsi di casa in nessuna casa, perché vera casa è solo quella in cui entra Dio e passa a servire alla tua tavola.

Dio è sempre l’inaspettato, perché non so da che parte venga, non conosco quale notte lo porti, non so per quale strada egli giunga al mio cuore. Posso soltanto restare sveglio, pronto a servire e a fare luce, a farmi luce che riverbera il Verbo. E poi in quelle notti, in cui tutto sembra ormai perso, io so che sarà lui ad arrivare, a farsi servo e mio commensale. 

Liturgia della Parola

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