Non nominare il nome dell’Amore

VI Domenica di pasqua Anno B (At 10,25-26.34-35.44-48; 1Gv 4,7-10; Gv 15,9-17)

Ci sono parole che con l’uso diventano logore e senza voce, incapaci di dire qualcosa e di lasciar vedere e sentire ciò che non possono dire. E “amore” è ormai una di queste.

È diventato il marchio di fabbrica della nostra vita e di tutte le scelte. Per ogni cosa usiamo il suo nome e il rischio è che diventi un marchio contraffatto dall’uso. L’abbiamo resa parola comune, voce tra le altre voci. 

Ogni volta che diciamo Dio diciamo Amore, ma non possiamo essere tratti in inganno. Non tutto ciò che chiamiamo amore dice e racconta la presenza di Dio. E allora dovremmo iniziare, almeno per un po’, a tacere degli amori e dell’amore, dovremmo iniziare ad avere un po’ più di pudore.

Forse potremmo evitare di dire questo nome per ricordarci che è nome e parola divina, è Parola che genera mondi, è Storia che dà senso agli eventi, è Verbo che risolleva il mondo, è Vita che genera vita. Perché Amore è il nome di Dio.

Amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: 
chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. 

Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore
(1Gv 4,7-8)

Dovremmo allora sapere, ogni volta che diciamo “amore” e ogni volta che pensiamo di fare “amore”, che noi, da soli, non sappiamo come, dove e cosa sia l’amore. Ad ogni affetto ed egoismo, bisogno e desiderio, voglia e relazione, legame e passione, benessere e rimorso, ricatto e controllo, violenza e possesso, vizio e piacere noi continuiamo a dare il nome di amore, parola che tutto nasconde e rende bella ogni cosa.

A tante e troppe cose diamo il nome di amore e dimentichiamo che l’amore non è un sentimento, non è un fatto, non è un’azione e nemmeno qualcosa alla nostra portata.

E allora, per non rischiare di bestemmiare e nominare invano il nome di Dio, dovremmo ricordare che è Dio ad essere Amore. 

Non esiste, per noi credenti, un amore umano e alla nostra portata. L’amore è solo da Dio perché solo Dio è amore. E non si può amare senza essere da lui generati, senza che l’Amore ci abbia restituito alla vita, rendendoci vivi di una vita divina. È Dio ad essere Amore. Amarci reciprocamente è vivere in lui rendendo visibili le sue orme nelle storie diverse dei nostri vissuti. Perché come non si impara a vivere senza la vita così non si impara ad amare senza l’Amore.

«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore (Gv 15,9)

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi (Gv 15,12)

C’è allora un unico Amore e un unico “come”. Dal Padre al Figlio, dal Figlio a noi, da noi agli altri perché sia vivo e visibile l’unico Amore che regge il mondo e muove la storia. C’è un unico amore che è sorgente e sentiero, è casa e dimora, è stile e modello, è dono ed è impegno. C’è un unico Dio e un unico amore che prende corpo nel Figlio e ci rende figli capaci di amare, di rimanere nell’unico amore. “Rimanete nel mio amore”. Perché in nessun altro posto possiamo restare. Non c’è luogo che ci possa ospitare. Nell’amore pasquale del Figlio tocchiamo e vediamo che solo l’Amore è divino. E amarci gli uni gli altri non è roba per noi, non è cosa che nasca da noi. Amare è rimanere nell’amore del Figlio, e lasciare che in lui il Dio che è Amore ci renda sempre più simili a sé.

Amare è quindi inondare il mondo della presenza di Dio perché tutto diventi trasparenza, riflesso e annuncio di Dio e del suo dono. Non possiamo amare di un amore nostro, perché amare non è nel sentimento, né nel volere, né nell’impegno, né nell’operosità. Solo se riempiti da Dio e immersi in lui diventiamo anche noi Amore. Amare, infatti, non è un’azione o un verbo, amare è l’essere e l’identità stessa del cristiano e del figlio, perché Amore è l’identità e il nome di Dio. Per questo l’amore può e deve essere comandato, perché l’amore in noi è quell’esistenza nuova che ci è stata donata, quella vita che ci è stata aperta. L’amore che è comandato è l’amore che ci viene donato, il Figlio che si è fatto dono, il volto da figli che ci ha reso vivi.

E allora non bastano i nostri sentimenti, la nostra bontà, la nostra solidarietà e la nostra compassione. Non sono queste le cose che ci fanno cristiani, non è questo l’amore. L’amore è altro ed è oltre, perché l’amore è da Dio e Dio è amore. Solo rimanendo in lui possiamo essere amore anche noi, mandati per essere segno e presenza di un amore più vero e più grande.

In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: 
Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, 
perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.
In questo sta l’amore: 
non siamo stati noi ad amare Dio,
ma è lui che ha amato noi 

e ha mandato il suo Figlio 
come vittima di espiazione per i nostri peccati (1Gv 4,9-10)

Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici (Gv 15,13)

Vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi (Gv 15,15)

Dio e l’amore non si conoscono per sentito dire, non si imparano per l’impegno della mente e della vita. Non possiamo pensare l’Amore a partire dal modo in cui sentiamo, pensiamo e viviamo gli amori. Dai nostri amori non si risale a Dio. 

È Dio il criterio e il vaglio dei nostri amori, il loro modello e misura, la loro origine e fonte, la loro possibilità di riscatto e di vita, di salvezza e di redenzione.

Conosciamo l’Amore solo perché si è manifestato: Dio ha mandato suo Figlio perché noi avessimo vita per mezzo di lui. E solo in questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ci ha amati e ha mandato suo Figlio per superare ogni rottura e riconciliare ogni frattura. 

Noi conosciamo l’amore più grande, quello che dice e narra la vita di Dio, quello che ci rende capaci di Dio e quindi anche capaci di amare. Lo conosciamo perché Cristo ci ha chiamato e ci ha reso amici quando ci ha reso partecipi della vita di Dio, ci ha fatto conoscere il suo volto e il suo amore, ci ha donato Dio donando per noi la sua vita. Ecco quindi l’amore: la vita del Cristo che viene donata, la sua amicizia che libera e sana, il dono che ci rende vivi. Solo così conosciamo chi è Dio e chi è l’Amore e conosciamo che non c’è amore più grande se non quello che, donando la vita, la vita stessa di Dio, fa diventare ogni vita volto d’amore.

E allora anche la gioia diventa possibile.

Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena (Gv 15,11)

Anche se a volte lo dimentichiamo,
siamo fatti per la gioia.
E quando il volto si fa pesante e tirato
è inutile cercare e inseguire “amori”,
ci serve soltanto rimanere nell’Amore.
Lui ci ha scelto senza motivo,
ci ama dell’amore più grande,
ci ha reso e chiamato amici.
Nient’altro ci serve per andare e portare frutto:
se ci lasciamo amare da lui
trasformeremo in amore la storia del mondo.

Per approfondire consiglio la lettura di un estratto di Etica di Dietrich Bonhoeffer

Liturgia della Parola

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