Per non sbagliarsi su Dio

Santissima Trinità Anno C (Pro 8,22-31; Rm 5,1-5; Gv 16,12-15)

Questa settimana, riesco solo a proporre qualche balbettio confuso e impreciso.

Dedicare una festa alla Trinità può apparire strano e non necessario. Perché dedicare una festa proprio a Colui che è il centro della fede e di tutto il tempo? Eppure è sempre più urgente ritornare a questo cuore pulsante e vitale del nostro credere. 

Ci siamo smarriti per strada. Con la voglia di farci capire e di farci ascoltare, di semplificare e tagliare corto, abbiamo per troppo tempo manomesso il cuore del nostro messaggio e abbiamo offerto un Dio che fosse a misura umana. 

Abbiamo rincorso e trovato, nei meandri delle nostre voglie, dei nostri deliri di onnipotenza, dei nostri sogni di controllo e dominio, un Dio unico e potente, arbitro e arbitrio, presenza ingombrante che schiaccia ogni cosa, che detiene il bandolo di ogni matassa, che ha in mano le sorti di ciò che esiste, che è pronto a sovvertire ogni storia umana, a ridurre a nulla ciò che esiste. Un Dio, insomma, proiezione della nostra volontà di potenza, un Dio assoluto che stronca l’alterità, un Dio comandante che dispone le cose.

Oppure, in alternativa, a seconda dei gusti, abbiamo annunciato un Dio senza forma, che è solo flusso o energia, un Dio puro essere o pura coscienza, Dio-pensiero che ingloba ogni cosa, magma e indifferenza, realtà che spersonalizza. Un Dio in cui tutto si annulla, un Dio energia che è tutto e niente, che è solo spirito che scorre informe. Un Dio osmosi e omologazione, fusione in cui tutto è indistinto, in cui io e l’altro da me siamo nulla perché fusi nell’unico niente e, per questo, possiamo avere l’ebbrezza di dirci Dio perché non possiamo più avere il coraggio di dire io.

In entrambi i casi, si tratta di mode che si susseguono, di modi di dire Dio che servono a dire ciò che vogliamo, ciò che ci piace e non ci mette a disagio.

Insomma, abbiamo ceduto spesso al Dio dei filosofi, quello sognato dalla mente umana, suggerito dall’inconscio egemone, usato per scopi umani, un Dio che serve a sostenere noi stessi. Abbiamo spacciato un Dio che, per fortuna, oggi è rifiutato, un Dio che è in crisi e che suscita opposizione, che mette a nudo il nostro inganno. 

È facile sbagliarsi su Dio! Ed è forse proprio a questo Dio sbagliato che non possiamo più volgere il cuore e la mente. 

La festa della Trinità, quindi, diventa ogni anno il momento in cui fermare il passo, mettere a tacere gli stimoli e istinti umani. Perché, almeno oggi, non possiamo dimenticare che, se è vero che per un cristiano Dio può, certamente, essere detto in tanti modi, non tutti i modi hanno la stessa portata, non tutti i modi hanno lo stesso valore.

Abbiamo spesso dimenticato che il nostro Dio ha un volto che ci ha rivelato, che Dio non è l’idolo che ci costruiamo, non è l’esito dei nostri pensieri, non è l’approdo dei nostri ragionamenti. Un Dio monolite o pura energia, infatti, può essere utile, ma non è il Dio vero che regge all’urto del tempo, che ci rivela qualcosa di lui dicendoci molto di chi siamo noi.

Ed è anche vero che tanto di ciò che non va nei credenti, di ciò che deforma e fa apparire frammentato il volto della Chiesa, al punto di essere una comunità che ha perso il filo, è dovuto proprio all’aver dimenticato che il Dio in cui crediamo non è quello prodotto dalle proiezioni umane, dall’assolutizzazione dei nostri bisogni, dall’esternazione delle nostre esigenze, dalla soddisfazione dei nostri gusti. 

Per conoscere Dio bisogna imparare ad ascoltarlo e ad accoglierlo, a fare spazio a ciò che egli di sé ci rivela, perché in ciò che egli fa vedere di sé possiamo capire molto di ciò che noi siamo. È il volto di Dio a definire il volto dell’uomo e non i nostri a decidere il volto di Dio. E di Dio si può solo balbettare qualcosa.

Dio è Trinità! Ed è questo l’annuncio, spesso dimenticato, da cui partire e a cui tornare ogni volta che si pensa Dio, ogni volta che si balbetta il suo nome, che si crede e si annuncia la sua viva presenza.

Padre, Figlio e Spirito non sono tre nomi o tre modi di Dio. Sono le Persone divine che, in quanto tali, sono origine, modello e termine di ogni vissuto. La Trinità è la comunità dell’amore, è il vincolo che sceglie di aprirsi per effondere al di fuori quella vita amorosa che circola dentro. 

Dio Trinità è dialogo eterno perché Dio è eternamente Trinità in quanto è eternamente Amore. 

E l’amore è in sé capace di generare, perché dona all’altro ciò che serve per vivere, l’essere che è amare. E l’Amante, che genera l’Amato, nel donare se stesso crea un dialogo e una relazione che unisce i due che, pur restando tali, sono legati, nella loro differenza, dall’Amore che i due si scambiano e donano. 

E mentre i nostri incubi immaginano un Dio dispotico e oppressore, un Dio omologante e fusionale, un Dio per cui ciò che non è lui è solo esteriorità e apparenza, Dio ci rivela il suo immenso mistero. 

Dio è Amore, è Comunione di vita, è Dialogo che rende Persone. Dio è l’Io che ama dando volto al Tu, perché l’Io e il Tu siano avvolti da un amore talmente reale che il Noi che li unisce sia persona che rende possibile e sempre nuovo il dialogo eterno. 

Io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo
(Pro 8,30-31)

Il mondo è l’esito di questo amore trinitario che, per la volontà amante, eccedendo ed uscendo fuori, realizza ed effonde l’amore dando vita e forma ad ogni cosa. E in tutto ci sono le tracce e le vestigia della Sapienza divina, di questa Sapienza amorosa che pone le sue delizie tra gli uomini, che imprime alle cose e agli individui del mondo i segni e i germi di vita, perché non c’è vita se non nell’amore, nella cura e nella dedizione.

Dio è Trinità, volti che si guardano, intreccio di relazioni, differenze che nascono nell’incontro e fioriscono nell’unità. Dio è partecipazione che rende unici e distinti perché l’amore non è fusione e negazione, ma esaltazione e generazione dell’esistenza dell’altro che viene alla luce in quanto amato. 

Dio è Trinità! Ed è l’antidoto ad ogni chiusura, alla violenza e all’oppressione, all’omologante ricerca di forza, allo sfogo della volontà di potenza. 

Dio è Trinità! È incontro di volti e parole, è dialogo e comunione, è amore che circola e lega, è scelta che libera e realizza se stessi. 

Dio è Trinità! Perché nessuno salva e si salva da solo, perché nessuno può essere senza che l’altro sia, perché nessuno è vivo se non genera e dona vita.

Dio è Trinità! Perché è il molteplice a dire l’uno, è il diverso a dire chi sono, è l’incontro a tenermi vivo.

Dio è Trinità e se io voglio accogliere Dio devo accogliere i volti diversi lasciandoli tali, devo unirmi agli altri restando me stesso.   

È per il mistero trinitario che gli uomini possono unirsi tra loro e creare comunione, perché solo così ciascuno diventa se stesso e tutto si personalizza, perché anche le cose del mondo acquistano una dimensione personale, che ci fa sentire che il mondo è ospitale e benigno, è cosa buona perché strumento di vita e di relazione. E le relazioni sono il luogo in cui nasce l’identità, in cui io posso dire io senza schiacciare il tu che mi è di fronte, senza sentirmi schiacciato da un Dio che è oltre e al di sopra. 

Il Dio Trinità ci ha creati e voluti per essere altri da lui, per essere fuori da lui e, proprio per questo, ci ha resi partecipi di sé, ci ha resi destinatari di amore, destinatari di essere, rendendo così, la distanza che ci separa da lui, lo spazio nuovo della relazione, lo spazio aperto del dialogo e dell’incontro. 

È la Trinità a renderci possibile dare un volto umano e personale alla storia, perché ci fa sentire uniti, legati da un comune cammino e, proprio per questo, liberi di avere il nostro volto. Unità nella diversità, comunione nelle differenze, alterità che si specchiano e si riconoscono, mani che opponendosi possono stringersi. 

Dire che Dio è Trinità non è indifferente per la propria fede, non è inutile per la propria vita, non è accessorio di cui fare a meno. 

Dire che Dio è Trinità mette fuori gioco ogni credenza troppo umana su un Dio assoluto, tutto chiuso nella sua onnipotenza, impegnato soltanto a dominare le cose, a gestire tutto come sua proprietà, a far sentire su tutti il peso della sua ingombrante presenza, a incutere ovunque terrore e timore.

Questo Dio, contro il quale oggi tanti si ribellano, non è il Dio dei cristiani! 

Dio è Trinità e si rompe ogni mio idolo, ogni mia voglia di sopraffazione, ogni tentativo di usare la fede per opprimere e togliere i volti. Si infrange ogni mio incubo di delirio di onnipotenza, perché solo l’amore è forza potente che permette di unire differenze che altrimenti sarebbe impossibile.

La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5,5)

Il Dio che è Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, è un Dio che si fa accessibile, anzi che viene ad abitare nel nostro intimo, che chiede di avere spazio nella nostra vita, di essere di casa nel nostro cuore. Nasce da qui ogni vera speranza, non quella umana e alla nostra portata, che spera di risolvere i nostri problemi, di avere un Dio che faccia magie, ma quella speranza che lo Spirito riversa nei nostri cuori riversando in noi l’amore del Padre, quell’amore che il Figlio ci ha fatto vedere. 

Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà (Gv 16,13-15)

Il Dio trinitario è un Dio “inaudito” perché va oltre le nostre fantasie, le nostre ristrettezze mentali, le nostre ricerche e i nostri sfoghi intellettuali. Il Dio cristiano può essere conosciuto solo se viene accolto e ascoltato, se viene amato e creduto, se lasciamo che egli si intrattenga con noi per comunicarci se stesso e renderci partecipi della sua vita. È lo Spirito a muovere tutta la nostra vita verso la Verità, verso il Figlio che è venuto a renderci partecipi e commensali di Dio. E noi, semplice carne mortale, possiamo ricevere la gloria stessa di Dio, possiamo accogliere tutto ciò che è del Padre e del Figlio.

Ed è qui il dramma e il cammino della nostra fede, della relazione, del dialogo e dell’abbandono in Dio.

Credere in Dio Trinità, infatti, è abbandonarsi a lui per scoprire, dopo aver anche lottato con lui, che la fiducia è possibile, che il dialogo può esserci, perché egli, Trinità d’Amore, ha scelto di non annichilirci con la sua forza dispotica o con la maliziosa voglia di “scioglierci” in lui, ma ci ha reso possibile restare di fronte a lui, altri e diversi da lui, per poterlo accogliere in noi e perché egli possa accoglierci in lui. Ed è questa la relazione più vera, che ci costituisce e ci rende persone, esseri capaci di relazione, capaci di far venire alla luce, quelle delizie di Sapienza divina che egli ha impresso nella creazione. Possiamo anche noi essere amore. È questa la nostra vera natura e di tutto il mondo. Natura è ciò che sta per nascere, ciò che deve venire alla luce. Ed è questo il compito a cui la Trinità ci invita ed è questo l’impegno che la Trinità ci ha reso possibile: far nascere in noi il vero volto che la Sapienza amorosa ha impresso in noi.

E in questo tripudio umano di volti diversi, si annuncia il volto vero del Dio in cui crediamo, un Dio in Tre persone, un Dio che è Amore e Comunione, un Dio che è tavola imbandita a festa perché ognuno possa avere il suo posto.

Per ulteriori riflessioni sulla Trinità, è disponibile il commento dell’anno B

Liturgia della Parola

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