Non andare dove ti porta il cuore

XXII Domenica Tempo Ordinario Anno B (Dt 4,1-2.6-8; Gc 1,17-18.21b-22.27; Mc 7,1-8.14-15.21-23)

Bisogna intendersi bene. A furia di parlare di regole e di comandi, di cose da fare e da osservare c’è il rischio di perdersi e smarrire il cuore. C’è anche il rischio di mettere maschere, di indossare costumi di scena ed essere ipocriti. Non possiamo ridurre il Vangelo e la fede ad un’osservanza di regole esterne, di tradizioni nelle quali viviamo. Perché non è lì che riposa il senso del nostro credere. Non è lì che si rinnova la vita. Non è lì che si compie il mistero. Abbiamo un Dio che si è piantato nel cuore, ha preso lì casa e dimora. Si è piantato dentro come presenza che tutto rinnova, come vita che genera vita. 

Quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? (Dt 4,7)

Continuiamo a cercare di fuori, a sentire parole e continui messaggi, a dire e pronunciare parole, a rispettare codici e norme, eppure rischiamo di dimenticare e di non sentire che Dio si è fatto vicino, si è piantato dentro di noi, si è messo nel centro del nostro cuore, al punto più interno e più vero del nostro essere. Ogni volta che lo invochiamo, che lo riconosciamo presente nel cuore, egli avanza e si spiana la strada, affonda radici e muove la vita. Il nostro è un Dio che si è fatto vicino e non tocca a noi fare cose per avvicinarci, per farcelo amico e tenercelo buono. Dio si è fatto vicino: è questo il primo atto di fede, la prima cosa da credere. 

«Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini»
(Mc 7,6-8)

Dobbiamo smetterla di essere ipocriti, di vivere come maschere o teatranti. Non è vita quella che obbedisce per timore o per convenzione, quella che non osa sbagliare perché ha poco coraggio e tanta paura. Non è vita quello del minimo sforzo e del minimo impegno. 

So che non bastano le labbra per lodare Dio, ci vuole il cuore che riconosca che lui si è fatto vicino. Ci vuole un cuore che sia gonfio di amore e di decisioni, di sentimenti e di scelte adeguate. Ci vuole una vita intera per dire Dio. Eppure anche le labbra devono aprirsi, anch’esse devono esprimere il canto. Poiché quando davvero il mio cuore lo riconosce vicino ed è gonfio di gioia e di gratitudine, anche le labbra non sanno restare serrate. È vero che posso aprire le labbra mentendo, ma quando dal di dentro e dal cuore sorge la lode anche le labbra sono coinvolte, sono intonate in un canto di amore. Eppure fede vera non è usare le labbra per onorare il Signore.

So che servono le regole e persino la tradizione. Servono norme e anche comandi. Perché la mia storia è fatta di terra, è fatta di tempi e di scelte, di situazioni e di occasioni. E ho bisogno di parole precise, di parole che colgano il segno, che non mi lascino disperso nell’aria. Non credo ad una religione dei sentimenti, del fare tutto ciò che mi sento. Non credo ad un Dio che mi lasci preda dei miei momenti, dei miei istinti e delle mie schiavitù. Ho bisogno di concretezza. Eppure fede vera non è rispettare le regole e la tradizione. 

Per sua volontà egli ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature (Gc 1,18)

Fede non è fare cose, non è adeguarsi a regole e norme (anche fossero giuste), fede è far crescere in sé una vita che è nuova, una storia che non ci appartiene e che ci viene donata. Fede è essere generati per mezzo di una parola che dice il vero e ci mostra la strada per essere veri. Per questo non basta lavarsi le mani, non basta adeguare la vita esteriore, non basta fingere o sembrare retti. Si può essere esteriormente perfetti e corretti ed essere marci e morti nel cuore. Dio non mi chiede cose da fare, non si limita a dirmi come regolare e limitare il mio vivere. Dio è molto di più. E vuole di più! 

Vuole che cresca in me la vita nuova nella quale egli mi ha generato. Siamo primizia di Dio. Siamo cioè il meglio che Dio abbia pensato, ciò che egli ha scelto perché poi tutto il mondo produca il suo frutto.

Fede vera è accogliere la vita nuova, quella che non possiamo darci da soli e non possono darci le pratiche e le norme che pure osserviamo.

Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza (Gc 1,21)

Fede vera è accogliere la Parola che è stata piantata in noi. È solo lei a condurci a salvezza. C’è una Parola, c’è Dio stesso che si è piantato nel cuore. Ed è da lì che tutto ha origine. Ed è lì che tutto ha un senso. E ancora non so e non capisco se quella Parola piantata nel cuore sia un seme e una pianta oppure una spada che lacera dentro.

A volte mi sembra che Dio sia piantato in me come un seme che chiede di crescere, che vuole spazio per rendere viva la vita. E io devo solo lasciare che cresca la pianta nuova, che cresca in me la vita di Dio, di lui che si è piantato dentro di me. 

E in quei momenti anche del cuore io posso fidarmi perché è lì che Dio si è piantato, parola che attende di crescere, parola che riempie il mio spazio, che libera e purifica il cuore dall’unico male di cui avere timore, quello che nutro e che cresce in me.

Troppo facile e troppo umano assecondare regole esterne, conformarsi a cose richieste per sentirsi poi a posto. Dio vuole che sia nuova tutta la mia storia. Vuole che io stesso e il mio cuore siano rinnovati.

Per questo egli si è fatto vicino. Per questo egli continua a farsi vicino ogni volta che noi lo invochiamo. Si avvicina al mio cuore per porre lì parole che sanno di nuovo, parole che sono finestre, che sono aria fresca e che sanno di buono. 

La fede vera è accogliere la Parola che si è piantata dentro di noi, che vuole affondare nel cuore le sue radici, che vuole crescere come albero che diventa grande e produce i suoi frutti. La Parola è stata piantata in noi, è stata immessa nel nostro cuore, proprio lì, dove nel centro del nostro essere e delle nostre passioni, nasce tutto e si decide ogni cosa. 

Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi (Gc 1,22)
Non voglio illudermi. Non basta ascoltare e nemmeno capire. Quella Parola che mi è stata piantata dentro è anche una spada che ferisce e lacera il cuore. Che lo spreme perché esca il marciume, che lo monda perché ricresca la vita. Mi scava dentro, si gira e agita in me. È una spada piantata nel cuore, perché so che non è tempo di romanticismi e di delizianti parole. So che non devo seguire il mio cuore, non devo assecondare me stesso. La Parola è spada che spacca la vita perché non è vero che sono buono, non è vero che basta che io segua il mio cuore. Perché proprio lui è una caverna che trattiene e rende morta ogni cosa. Non posso seguire il mio cuore, non posso andare dove lui mi porta, perché è proprio il mio cuore la fonte e il custode di ogni male presente nel mondo. E la Parola, come seme e come spada piantata nel cuore, lo spacca per renderlo un sepolcro aperto dal quale possa rinascere e rifiorire la vita.

Non voglio illudermi perché ascolto o perché esteriormente mi adeguo. Occorre che la Parola si imponga, che mi scavi dentro, per generarmi ad una vita diversa. 

Ascoltare e mettere in pratica è sapere che Dio mi si è piantato dentro, ha preso dimora nel tumulto e nel fondo del mio cuore sperduto. Ha preso casa lì dove ogni male ha la sua origine. Si è ficcato nel mezzo delle mie impurità e dei propositi del male che cerco. 

«Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male (Mc 7,14-15.21)

Credere non è stare nel mondo in agguato, paurosi e in cerca del male da cui difendersi. No, credere è guardare al mondo con gli occhi di Dio che scruta ogni cosa e vi trova il bene, che vede ogni cosa e la vede buona. Tutto è puro per noi, tutto è degno di amore. Non c’è nulla che è fuori di noi e che, entrando in noi, possa rendere impura la vita. Aver fede è fidarsi di Dio e del mondo che ha fatto. 

Il male è solo nell’uomo. È dal suo cuore che l’uomo tira fuori tutti i mali e tutti i soprusi. Non c’è nulla da cui debba difendermi, non c’è nulla da cui restare lontano.

Il male è solo dentro di noi, è solo lì che cresce e prende forma. Solo il cuore è il silente custode del male e coltiva germi di morte che crescendo prendono vita. E la Parola come spada aiuta il mio cuore a prendere fiato, a falciare i semi di morte, a purificare il mio terreno infestato da erbacce.

Le osserverete dunque, e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: “Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente” (Dt 4,6)

Non è saggio seguire il cuore. Essere saggio e intelligente è avere nel cuore parole divine, è lasciare che, proprio lì dove nasce ogni male, Dio pianti parole nuove, capaci di svelarci e di metterci a nudo, capaci di rigenerarci e renderci nuovi. 

Se è vero che non basta adeguare l’esterno, che non serve misurare ogni cosa, che non è dall’esterno che nasce e si afferma il male, so anche che, quando in me la pianta della Parola cresce e diventa forte, anche le mie scelte e le mie decisioni sono racconto della vita nuova a cui Dio mi ha generato.

E allora la smetterò di fare l’ipocrita e di illudermi e di giudicare. Allora avrò imparato che religione pura e senza macchia è avere il cuore e il volto di Dio. É avere un cuore che è reso divino.

E anche quando ci saranno ancora momenti in cui Dio mi sembra lontano, in cui il mio cuore resta chiuso, in cui la Parola sembra tacere e non darmi vita, proprio allora so che è inutile rifugiarmi in regole e rigide norme. Posso solo restare al sicuro, imitando il Padre del cielo, perché “Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio nella sua santa dimora” (Sal 68,5).

Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo (Gc 1,27)

E saranno le mie scelte e il mio agire esteriore a rendere il mio cuore accogliente, ad educarlo all’ascolto divino, a darmi forza per vincere il male che dentro mi sprona.

Liturgia della Parola

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